martedì 17 settembre 2013

Dismorfofobia: la "malattia dello specchio"


Per chi ne soffre ogni difetto, anche minimo, si trasforma in un’ossessione.

Una vera e propria patologia che può portare a conseguenze anche molto gravi.
Non hanno nulla che non vada nel loro aspetto, eppure l’immagine che vedono riflessa nello specchio è piena di difetti, deforme.

È come se la loro mente li ingannasse. E non importa se gli altri dicono il contrario.
Loro continuano a fissarsi sui “difetti immaginari”.
Nella maggior parte dei casi si isolano, cercano di limitare i contatti sociali.


Fanno di tutto per correggere quelle insopportabili imperfezioni, anche ricorrendo in modo ossessivo alla chirurgia plastica.

Nei casi più gravi, arrivano persino a meditare il suicidio.
Colpa della dismorfofobia, meglio definita come Disturbo di Dismorfismo Corporeo, una vera e propria patologia che colpisce sempre di più, non solo gli adolescenti, ma anche gli adulti, in una società come la nostra in cui l’aspetto estetico è sempre più importante e i canoni sempre più “perfetti”.



Ne parliamo con il dottor Filippo Tancredi, psichiatra e psicoterapeuta.
La parola “dismorfofobia” deriva dal greco dismorphé, forma distorta, e phobos, timore.

La persona che ne è affetta si preoccupa per un difetto corporeo immaginario, di cui ha una visione distorta e ingigantita.

Chi ne soffre, in genere, si lamenta di avere difetti al viso, rughe, pochi capelli, un naso troppo grosso o brutto, un volto asimmetrico, labbra non abbastanza carnose e belle, ma anche ai genitali e al seno.
Non riesce a vedersi come è veramente e ovviamente non riesce a piacersi e ad accettarsi.

Ma il problema non è il corpo. È la mente.

La dismorfofobia rientra infatti nel grande ambito dei disturbi cosiddetti Somatoformi, che comprende diverse patologie, ciascuna caratterizzata dalla presenza di sintomi fisici che suggestionano il malato al punto da portarlo a pensare di essere portatore di una malattia fisica o appunto somatica (cioè del corpo), mentre la reale origine è esclusivamente psichica.
La dismorfofobia insorge generalmente in età adolescenziale o in età adulta, con un picco tra 1 15 e i 20 anni.
Tra gli adulti è significativo osservare che la maggior parte degli individui che ne sono affetti non sia sposata.

Quanto all’incidenza si stima che riguardi tra lo 0,1% e l’1% della popolazione, in prevalenza donne, anche se è verosimile pensare che questa percentuale sia più alta.

Chi ne soffre infatti, per vergogna, in genere mantiene una certa riservatezza, senza contare che molti di questi pazienti sono soliti consultare dermatologi e chirurghi plastici più che gli psichiatri.
Ma come si manifesta? E come si distingue da un “semplice complesso” o insicurezza rispetto al proprio aspetto fisico? 
Quando un difetto fisico viene investito di un’importanza eccessiva rispetto alla realtà, quando crea disfunzioni nella conduzione di quella che viene definita una vita “normale”, allora deve destare preoccupazione.

Esistono poi dei precisi criteri diagnostici che aiutano a riconoscere que sto disturbo, secondo ilManuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali e in particolare:
• la preoccupazione per un supposto difetto nell’aspetto fisico. Se è presente una piccola anomalia, l’importanza che la persona le dà è di gran lunga eccessiva;
• la preoccupazione causa disagio clinicamente significativo oppure menomazione nel funzionamento sociale, lavorativo, o in altre aree importanti;
• la preoccupazione non risulta meglio attribuibile a un altro disturbo mentale.

Non di rado infatti chi ne è affetto cerca di evitare qualsiasi occasione di contatto con gli altri, fino a sviluppare una vera e propria “fobia sociale”.


Spesso, poi ricorre ad ogni strumento pur di “correggere” il proprio difetto, ricorrendo anche alla chirurgia plastica senza risolvere però il problema.

La mancanza di autostima, che è strettamente legata a questo disturbo, infatti, finirà per alimentare comunque nuove preoccupazioni e ulteriori distorsioni della propria immagine corporea, innescando così una spirale di nuove e ripetute richieste di modifiche del proprio aspetto fisico.

Il rischio se non si interviene è che si sviluppino vere e proprie ossessioni e comportamenti compulsivi.

Alcuni autori rilevano in questi pazienti tratti isterici di personalità, senza contare che la distorsione dell’immagine corporea può giocare un ruolo importante anche nella comparsa di disturbi della condotta alimentare.
Non trattandosi di un problema fisico la terapia, se tentata con procedure chirurgiche, dermatologiche, o con altri interventi volti a correggere il presunto difetto, è inevitabilmente destinata a fallire.

I risultati sono invece discreti nel caso dell’integrazione tra farmacoterapia, fondata sull’uso di antidepressivi,e l’intervento psicoterapico a medio e lungo termine.

La cura deve comunque essere valutata in relazione alla personalità del soggetto.

Inoltre bisogna comprendere a fondo il valore del sintomo, dietro il quale si potrebbero celare anche altri disturbi.

La dismorfofobia è infatti una patologia complessa, articolata e multiforme, che difficilmente è presente da sola, ma è spesso sintomo di quadri più complessi e di disturbi della personalità più ampi. 


Dismorfofobia: la "malattia dello specchio"

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