domenica 23 ottobre 2016

Paracetamolo in Gravidanza ed Autismo

In gravidanza febbre e dolore vengono comunemente trattati con Paracetamolo, da sempre considerato tra le migliori terapie in termini di sicurezza per il nascituro. Ad oggi tuttavia emergerebbero nuove perplessità circa l’ipotetica correlazione tra l’utilizzo del farmaco e problemi di neurosviluppo nei bambini esposti, con particolare riguardo ai disturbi del comportamento. Uno studio spagnolo ha tentato di ricercarne le cause.

Il Paracetamolo

Per usare una denominazione più familiare a tutti, Tachipirina o Efferalgan, è noto per il suo eccellente impiego negli stati febbrili e nell’analgesia, mentre non possiede altrettanto spiccate proprietà antinfiammatorie. In effetti, a differenza dei suoi “colleghi” FANS (Farmaci Antinfiammatori Non Steroidei) a cui viene spesso erroneamente associato, svolge la sua attività prettamente a livello centrale, specificamente su una proteina recettoriale definita “wasabi”. Tale singolare appellativo si deve alle peculiarità di questo recettore neuronale, più propriamente detto TRPA1 (Transient Receptor Potential Cation Channel, subfamily member 1), per cui siamo in grado di distinguere il sapore eufemisticamente piccante del verde ravanello giapponese ed altresì percepire sostanze irritanti e stimoli nocicettivi, ossia associati al dolore.

Ebbene, è stato evidenziato che l’assunzione di paracetamolo da parte di donne in dolce attesa interferirebbe con il normale sviluppo neuronale del feto! In particolare sembrerebbe esporre i bebè ad una maggiore incidenza di patologie del comportamento, con sintomatologia ascrivibile ad ADHD (Disturbo da Deficit di Atttenzione/Iperattività) ed ai disturbi dello spettro autistico (DPS).

La spiegazione

Nel corso dell’ultimo decennio il mondo Occidentale ha registrato vertiginosi e preoccupanti aumenti di incidenza di ADHD e DPS (rispettivamente 5% ed 1%); a tal proposito, nel mirino degli esperti è finita proprio l’assunzione di Tachipirina in gravidanza, in particolare durante le prime 32 settimane di gestazione. Il modus operandi del farmaco sullo sviluppo neuronale dei nascituri sembrerebbe riconducibile alla sua azione centrale, attraverso una serie di meccanismi:

  • Primo fra tutti si direbbe coinvolto il sistema Endocannabinoide, eterno oggetto di discussione nei dibattiti di natura socio-politica e febbrile argomento di ricerca in campo scientifico. Tale sistema recettoriale si presume svolga un ruolo di prima linea nel differenziamento neuronale, la migrazione assonale ed il posizionamento delle sinapsi. In termini più spiccioli, il sistema in questione sarebbe deputato alla maturazione dei neuroni cerebrali e delle loro modalità di connessione e, dunque, il meccanismo d’azione del Paracetamolo, permetterebbe alla molecola di interagire con i recettori endocannabinoidi, alterandone l’ottimale funzionalità nel feto.
  • A subire modifiche sarebbe anche lo sviluppo del sistema immunitario dei bimbi esposti: tale tossicità nel dettaglio troverebbe spiegazione in una ridotta capacità di solfatazione nel feto che, quindi, non è in grado di metabolizzare il farmaco al pari di un individuo adulto. (ndr. va ricordato che la reazione di solfatazione rientra tra le reazioni di biotrasformazione di fase II e consiste nella coniugazione di una porzione di farmaco ad un gruppo solfato, rendendo la molecola più idrofila e, di conseguenza, eliminabile).

Lo studio

Tutte queste evidenze scaturiscono da uno studio spagnolo, pubblicato sull’International Journal of Epidemiology e comprendente una coorte di 2644 coppie mamma – bambino. Le madri, in media trentenni, sono state sottoposte ad un questionario standardizzato dove si richiedeva se ed in quale quantità avessero assunto paracetamolo prima della 32esima settimana di gestazione. I bambini sono stati inoltre seguiti fino ai 5 anni di età e, gli esposti a terapia con Tachipirina durante la vita intrauterina, hanno manifestato comportamenti ascrivibili ai disturbi sopracitati.

Ancora, secondo lo studio, la maggiore incidenza di patologie del neurosviluppo nei bimbi maschi sarebbe riconducibile a discriminanti di genere nel metabolismo della molecola; studi su topi avrebbero infatti individuato una tossicità superiore nel sesso maschile, facendo presupporre un’interferenza del paracetamolo con il sistema endocrino degli organismi.

Conclusioni

Sebbene dunque la ricerca sollevi un aspetto nuovo ed interessante nell’ambito dei disturbi evolutivi ed, al contempo, ponga interrogativi sulle terapie farmacologiche sfruttabili in gravidanza, è bene sottolineare il carattere assolutamente primordiale dei risultati e l’insindacabilità dell’utilità e dei benefici del paracetamolo in caso di necessità nel periodo di gestazione. Piuttosto tali recenti evidenze aprono la strada verso ulteriori, stimolanti ricerche su dosaggi e tempi di assunzione della molecola più adatte a tale delicata condizione.

Fonte | oxford journals 

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Fonte: http://lamedicinainunoscatto.it/2016/09/paracetamolo-correlazione-adhd-e-autismo/

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