lunedì 24 ottobre 2016

Caso Clinico #36

Caso Clinico – Stefania, 40 anni, si reca all’osservazione del proprio mmg, perchè lamenta fastidi oculari. Riferisce di avere spesso occhi secchi a causa della scarsa lacrimazione e di percepire la sensazione costante di avere della “sabbia” al loro interno che determina poi un iperemia congiuntivale, bruciore e fastidi alla visione della luce.

Durante l’anamesi la paziente racconta che circa tre anni fa ebbe episodi ricorrenti di otiti e sinusiti accompagnati da un astenia e che il precedente mmg non le era riuscito a dare un risultato soddisfacente. All’e.o il mmg rileva una tumefazione in sede retromandibolare.

La paziente ha con sè le ultime analisi di laboratorio che risalgono al mese scorso nelle quali si evidenzia un anemia normocromica normocitica ed un aumento degli indici di flogosi. Vi è inoltre un ipergammaglobulinemia all’elettroforesi delle proteine sieriche.

Qual è la diagnosi più probabile? E quali elementi sarebbero determinanti per confermarla?

La diagnosi è: Sindrome Di SJÖGREN

La sindrome di Sjögren è una malattia infiammatoria cronica su base autoimmune caratterizzata dalla distruzione di ghiandole esocrine ovvero ghiandole salivari minori, ghiandole lacrimali e parotidi mediata dai linfociti T. Vi è, inoltre un’eccessiva attivazione dei linfociti B con produzione di autoanticorpi quali fattore reumatoide anti SS-A/Ro e anti SS-B/La.

Ha una frequenza pari all’1% e colpisce soprattutto le donne con un rapporto di 8:1, colpisce dalla quarta decade in poi e può essere definita come malattia rara o comunque poco frequente. Sembra sia associata a una predisposizione genetica legata ai geni HLA-DRw52 (che aumenta di 20 volte il rischio di sviluppare la malattia) e HLA-DR3, nonché probabilmente all’infezione virale da EBV e da HTLV-1.

E’ caratterizzata principalmente da xerostomia, secchezza della mucosa orale con disfagia e infezioni del cavo orale, xeroftalmia con cheratocongiuntivite a cui segue anche secchezza vaginale, secchezza delle vie aeree con bronchiti ricorrenti e infiltrazione linfocitaria del polmone può evolvere in fibrosi polmonare.

Si associa anche a tumefazioni delle ghiandole salivari maggiori e vi è un rischio maggiore di 40 volte di sviluppare neoplasie linfatiche (linfomi non Hodgkin a cellule B), in particolare a carico delle parotidi. Il quadro conclamato può presentarsi anche dopo diversi anni di sintomi lievi. Il paziente ha difficoltà a deglutire sopratutto i cibi secchi, presenta una maggiore predisposizione a formare carie.
Può essere definita primaria se non sono presenti altre malattie autoimmuni, in caso contrario è secondaria ed anzi, molte volte, può precedere anche di anni il presentarsi di una malattia autoimmune più grave come l’artrite reumatoide.

All’esame ematologico si evidenzia la presenza nel Siero di FR, ENA e ipergammaglobulinemia all’elettroforesi delle proteine sieriche (nel 90% dei casi), nei casi più avanzati si può fare la biopsia del labbro inferiore. La malattia è caratterizzata da periodi di stasi alternati ad altri di riacutizzazione.
Viene posta in diagnosi differenziale con altre cause di xerostomia per farmaci come anti-ipertensivi, antidepressivi, ipno-inducenti; altre cause di xeroftalmia per ostruzione dei dotti lacrimali; con linfomi, crioglobulinemia di secondo tipo, AIDS ( per le frequenti infezioni delle vie aeree) o con l’infezione da HCV.

La diagnosi prevede una serie di test abbastanza dirimenti come:
-Test di Schirmer (positivo se la carta bibula messa nel fornice congiuntivale inferiore per 5 minuti si imbibisce per meno di 5 mm
-Test del Rosa Bengala o con verde di lissamina (che colora le aree di congiuntivite)
-Scialografia, ScialoTC e Scintigrafia con Tecnezio pertecnetato.

La terapia può essere preventiva, con visite oculistiche frequenti ed un adeguata igiene orale, sebbene sia fondamentalmente  sintomatica e personalizzata in base alla risposta del paziente. Si possono usare lacrime artificiali per la secchezza oculare, o anti-infiammatori non steroidei, farmaci per aumentare la produzione di saliva come la pilocarpina o la cevilumina.

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Fonte: http://lamedicinainunoscatto.it/2016/09/caso-clinico-36-3/

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