giovedì 14 novembre 2013

Endometriosi, avere un figlio si può



L’endometriosi colpisce soprattutto le donne in età fertile, dai 20 ai 50 anni. Diagnosticarla in tempo è importante, per evitare che provochi danni come la sterilità.

Una patologia complessa e misteriosa
Nelle donne che soffrono di questa patologia l’endometrio, cioè il tessuto che riveste la parete interna dell’utero, cresce in sedi diverse da quella naturale, per esempio nelle ovaie,  nelle tube, in vagina o, persino, nell’intestino.

Non si conosce ancora con precisione la causa del problema, ma ogni mese, sotto l’influsso degli ormoni femminili, questo tessuto anomalo si sviluppa, provocando infiammazione e danneggiando le zone circostanti.

Come evitare una diagnosi tardiva?
Purtroppo, uno dei problemi della patologia è la difficoltà della diagnosi.

I crescenti dolori associati al ciclo mestruale, sintomo principale della malattia, vengono spesso sottovalutati perché considerati fisiologici.




Capita così che trascorrano anni prima che l’endometriosi venga individuata.
In questo lasso di tempo, i flussi mestruali si succedono, mese dopo mese, con un progressivo, inevitabile aggravamento della situazione.
Ecco perché la cosa migliore, nel caso si sospetti la malattia, è rivolgersi subito a un centro specializzato.

Una visita ginecologica ben condotta e un’ecografia transvaginale eseguita da un medico esperto possono già essere sufficienti a diagnosticare la patologia.

In casi particolari, e a seconda della sede in cui si pensa siano le lesioni, il medico può quindi decidere ulteriori approfondimenti (risonanza magnetica, clisma opaco, cistoscopia, colonscopia, ecografia dei reni e delle vie urinarie…).
Anche l’esame del sangue consente di sospettare la presenza di endometriosi grazie al dosaggio del CA125.

La terapia aiuta a tenerla sotto controllo
La cura dell’endometriosi si basa sull’assunzione di farmaci ormonali, come la pillola contraccettiva.

L’obiettivo è di “bloccare” il ciclo mestruale e, di conseguenza, la crescita atipica di endometrio.

In questo modo, ovviamente, non si eliminano le cause della patologia, ma si riesce almeno a fermarne l’evoluzione e a tenere sotto controllo i sintomi in circa il 70-80% delle pazienti.
In molti casi, la pillola viene prescritta addirittura in soluzione continua, ovvero senza la classica sospensione di 7 giorni.
Nei casi in cui la malattia sia molto estesa, dolorosa, o non risponda alle cure farmacologiche, si deve invece prendere in considerazione l’intervento chirurgico.

Con la laparoscopia, eseguita attraverso tre minuscole incisioni sulla parete addominale, si “ripulisce” la zona interessata dalla patologia  e si eliminano le aderenze, la formazioni in tessuto fibroso che fanno sì che i vari organi aderiscano tra loro.

E se si desidera un bambino?
Anche se le possibilità sono inferiori rispetto a una donna sana, non è detto che chi soffre di endometriosi non possa rimanere incinta.
La situazione deve essere valutata caso per caso, in relazione alla gravità e all’estensione della malattia.

Se non si riscontrano cisti ovariche voluminose e la funzionalità delle tube non risulta compromessa, per esempio con la presenza di lesioni, oppure di aderenze con altri organi, le premesse per intraprendere una gravidanza ci sono.

Naturalmente, la terapia va sospesa.

In linea di massima, si può dire che viene previsto un periodo di tentativi di 6-12 mesi, variabile in base all’andamento della patologia e  alla rapidità con cui questa evolve.

Se in questo lasso di tempo la gravidanza non ha inizio, il passo successivo è unintervento chirurgico in laparoscopia, per rimuovere eventuali cause che ancora ostacolano il concepimento e ristabilire la corretta anatomia della pelvi.

Qualora la ricerca di un concepimento spontaneo non dovesse dare alcun esito, può essere opportuno il ricorso alla fecondazione assistita.

La gravidanza: una cura naturale
La bella notizia è che una volta che la gestazione è iniziata si può stare tranquille, nel senso che il suo percorso non risentirà della condizione patologica precedente e non richiederà precauzioni particolari, nemmeno se la patologia è presente all’interno dell’utero stesso, caso in cui si parla di adenomiosi.

La gravidanza rappresenta, anzi, una sorta di cura ormonale fisiologica per l’endometriosi.

In questo periodo, infatti, l’organismo femminile produce spontaneamente l’ormone che la mantiene sotto controllo: il progesterone.
Dopo il parto, di solito si consiglia alla donna di riprendere la terapia ormonale.

Se si vuole allattare al seno c’è la possibilità di ricorrere alla cosiddetta mini-pillola, che a differenza della pillola anti-concezionale classica contiene solo progestinico e quindi non interferisce con l’allattamento.

Occhio a questi segnali

I disturbi che seguono potrebbero essere un campanello d’allarme per la malattia ed è importante, quindi, prestarvi attenzione.

- Difficoltà a restare incinta.
- Dolore particolarmente intenso durante la mestruazione e in fase pre-mestruale.
- Dolore durante i rapporti (specie con la penetrazione profonda).
- Flusso mestruale molto abbondante e prolungato.
- Perdite di sangue tra una mestruazione e l’altra.
- Durante il periodo mestruale, bruciore nel far pipì non correlato a infezioni urinarie.
- Durante il periodo mestruale, disturbi della defecazione (stipsi o diarrea, dolore alla defecazione, sangue nelle feci).
- Dolore pelvico cronico.
- Dolore nella regione lombare o lungo un arto inferiore.

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