L’amore? È tutta una questione di chimica. A dirlo non è qualche cinico disincantato che non nutre più fiducia nei sentimenti ma numerosi studi scientifici condotti analizzando quello che accade a livello cerebrale negli innamorati. I dati raccolti negli ultimi anni, grazie anche a ricerche italiane, suffragano ciò che inizialmente era solo un’ipotesi: le emozioni umane sono strettamente correlate ad alcuni meccanismi puramente biologici.
Ma quali cambiamenti avvengono nel cervello di chi ama un’altra persona?
«Vent’anni fa scoprimmo, per la prima volta, che nelle fasi iniziali dell’innamoramento si verificava una riduzione della serotonina, che è un importante neurotrasmettitore impegnato nella regolazione dell’umore» spiega Donatella Marazziti (puoi chiederle un consulto qui), autrice dello studio e professoressa di Psichiatria all’Università di Pisa.
Questa alterazione chiarisce come mai inizialmente coloro che provano forti emozioni nei confronti di qualcun altro sono focalizzati esclusivamente sul partner, perdono interesse nelle attività normalmente svolte perché l’unico desiderio è trascorrere del tempo con l’amato o l’amata, vivono momenti di sconforto e ansia nel caso in cui mancassero le attenzioni sperate.
«Il deficit di serotonina rilevato nel cervello degli innamorati è simile a quello riscontrato negli individui con disturbi ossessivo-compulsivo, con problemi di depressione e attacchi di panico. Durante l’innamoramento, però, si manifestano anche altri cambiamenti a livello cerebrale, che noi abbiamo analizzato in un recente studio pubblicato sulla rivista americana CNS spectrums» continua Marazziti.
Aumenta la dopamina
Questa ricerca, che verrà illustrata nel corso del seminario Psicologia, biologia e psicopatologia dell’amore (Lucca, 28 gennaio) organizzato dalla Fondazione BRF ONLUS con l’Istituto La Quercia (qui il programma completo e tutte le info), aggiunge un altro importante tassello nel complesso mosaico della modulazione biologica dell’amore.
«Dopo la scoperta di 20 anni fa, avevamo la necessità di capire se si modificavano anche altri neurotrasmettitori. Alcuni di loro, infatti, sono correlati: quando cala uno, di solito aumenta l’altro. E a giudicare dai sentimenti “positivi” osservati negli innamorati, come gioia ed euforia, ipotizzavamo che fosse implicata la dopamina» spiega la psichiatra.
I dati emersi dallo studio, condotto analizzando le alterazioni cerebrali di 30 persone alle prese con una nuova relazione, hanno dimostrato che in questa fase iniziale dell’amore si verifica effettivamente un aumento della dopamina, un neurotrasmettitore coinvolto nell’innesco di alcune condizioni psicologiche umane come la curiosità, la gratificazione, il piacere, la passione, l’euforia. L’aumento della dopamina, quindi, spiega alcune caratteristiche tipiche dell’innamoramento, che tutti prima o poi sperimentano nel corso della vita.
«Il problema è che queste alterazioni, cioè la riduzione di serotonina e l’aumento di dopamina, possono innescare reazioni pericolose in persone già vulnerabili: questi cambiamenti transitori, che avvengono a livello cerebrale, potrebbero infatti scatenare patologie psichiatriche e disturbi comportamentali (come, ad esempio, lo stalking)» avverte Marazziti.
Ma come mai in alcune persone questa modificazione biologica comporta solo un sano “scombussolamento” umorale mentre in altre è la miccia di atteggiamenti ad alto rischio?
«Gli studi si stanno concentrando proprio su questo punto. È la stessa domanda che ci poniamo di fronte a coloro che hanno a che fare con una sostanza stupefacente: c’è chi diventa psicotico solo dopo un’assunzione e chi è dipendente cronico senza avere nulla. Sicuramente si innescano dei meccanismi di compenso: negli individui sani, i neurotrasmettitori vengono “regolati” in base alle modificazioni in atto, mentre nelle persone più fragili questo probabilmente non avviene e le alterazioni fanno degenerare alcuni comportamenti» spiega la professoressa.
Vengono coinvolti anche altri neurotrasmettitori?
Qualcuno crede che nel processo dell’innamoramento abbia un ruolo importante anche la feniletilamina ma «in realtà non esistono attualmente studi che lo dimostrino» chiarisce Marazziti. «Quello che sappiamo, invece, è che interviene un altro ormone, cioè l’ossitocina: si tratta di una molecola che entra in gioco più tardi, quando l’innamoramento è già in fase avanzata e la relazione va avanti da molto. L’ossitocina ha il compito di rimettere a posto le varie modificazioni subentrate in precedenza, legando insieme ansia e piacere, gioia e sconforto, energia e tranquillità» conclude la psichiatra.
Insomma, qualcuno sostiene che in amore il cuore la faccia da padrone: in realtà, alla luce di quanto scoperto negli anni, il vero re incontrastato rimane il cervello.
Chiara Caretoni
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