lunedì 30 gennaio 2017

Alzheimer: perché scrivere la storia del proprio genitore ammalato

La malattia di Alzheimer senza dubbio mette a dura prova sia chi ne soffre sia i cosiddetti caregiver, cioè familiari e amici che si occupano dei pazienti. Ma, come nel caso della scrittrice E.L. James, se un figlio desiderasse raccontare attraverso la scrittura la storia del genitore colpito da questo tipo di demenza, ne trarrebbe di certo beneficio.

Manterrebbe saldi i fili che lo legano al padre o alla madre e che la patologia, nel corso del tempo, rischierebbe di sgualcire o addirittura spezzare. Oltre alla continuità del rapporto, poi, non ci sarebbero vuoti temporali tra presente doloroso e passato sereno. Marco Trabucchipsichiatra, presidente dell’Associazione italiana di psicogeriatria, spiega approfondisce il perché scrivere del proprio genitore malato di Alzheimer ci può aiutare, come nel caso dell’attrice Marcia Gay Harden (leggi qui la sua testimonianza).

Si valorizza il passato felice

Ricostruire gli anni addietro e ricollegarli al momento attuale ha sempre un valore molto positivo per chi accudisce. Così facendo ci si aiuta a non perdere il senso di realtà con la persona amata. Si ricorda a stessi che si ha davanti la stessa persona di sempre, ma con minori capacità. La grande potenzialità dello scrivere queste storie sta nel poter valorizzare la ricchezza del vissuto rispetto alla perdita, mettendo nero su bianco il bello e non il brutto di chi soffre.

Uno stimolo positivo

Gli aspetti positivi si riflettono anche sulla persona malata. Porle domande, aiutarla a stimolare i ricordi nel modo adeguato, può farla sentire ancora utile e viva. Ma bisogna ridimensionare le aspettative e non caricare di angoscia i quesiti. Altrimenti, da ambo le parti, si rischierebbe di provare frustrazione, delusione, impotenza.

Per evitarlo è importante usare un tono di voce appropriato, amorevole, affinché non traspaia ciò che vorremmo magari celare, come il nostro dolore o la nostra stanchezza. Per contro, chi ha una demenza non si deve mai sentire incapace di restituire con una risposta ciò che le si sta chiedendo. Quindi, se ci si accorge di aver fatto la richiesta di una memoria che non ha più uno spazio nella sua mente, allora è meglio correggere subito il tiro e cambiare argomento, rassicurando la persona che soffre di demenza.

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