giovedì 17 novembre 2016

Cannabis: legalizzare sì o no?

Il dibattito in corso sulla legalizzazione della cannabis è molto complesso. Le esperienze di altri Paesi hanno argomenti sia pro che contro. Va anche considerato che la cannabis ha caratteristiche peculiari, diverse dalle altre sostanze d’abuso, che in pochi conoscono. Ecco alcuni spunti di riflessione per aiutare a chiarire la questione, pur lasciando la porta ancora aperta a molti dubbi.

 

Prima di leggere questo articolo ti chiediamo di rispondere a questo questionario: ci serve per valutare le conoscenze degli italiani sull’argomento, in vista anche di una campagna di informazione per limitare i danni sulla salute. Nelle prossime uscite divulgheremo i risultati.

In questi giorni è in fase di discussione una legge sulla legalizzazione della cannabis. Il dibattito è acceso e le posizioni sono molto contrastanti. Meglio liberalizzare o proibire?
Per ragionare sulla marijuana bisogna essere consapevoli che ci si trova in una zona grigia: poiché spesso oggetto di battaglie politiche, in passato è stata spesso demonizzata o scagionata da ogni pericolo più su basi ideologiche che scientifiche, con il risultato che ancora oggi la reale portata del fenomeno e dei rischi connessi è poco conosciuta.
Non tutti sanno, per esempio, che i derivati della cannabis (hashish e marijuana) sono sostanze di abuso con una diffusione simile a quella delle sigarette, da molti considerate innocue, ma che hanno in realtà effetti potenzialmente devastanti.

 

Qualche dato

Per cominciare a capire occorre partire da alcuni numeri (come quelli forniti dal dipartimento italiano politiche antidroga) e da dati scientificamente dimostrati:

  • In Italia il 22% per cento delle persone ha utilizzato cannabis almeno una volta nella vita (dati aggiornati al 2010). Negli USA è il 47%
  • L’uso di cannabis risulta più diffuso tra i soggetti di 15-24 anni, con un picco a 19 anni (34%).
  • La cannabis genera dipendenza: accade per il 19% per cento degli utilizzatori.
  • Tra le persone assistite nel 2010 dai Servizi per le tossicodipendenze territoriali, il 9,2% indica la cannabis come sostan­za principale utilizzata; il 47% dei soggetti in cura dichiara un uso quotidiano di cannabis.
  • La stragrande maggioranza dei problemi medici da cannabis sono collegati alla dose assunta, si può quindi presumere riguardino i dipendenti oltre che una quota di consumatori regolari. Un totale stimato di più di 2 milioni di Italiani.
  • La dipendenza da cannabis espone a un rischio maggiore di:
    • psicosi acute
    • psicosi croniche
    • deficit cognitivi cronici (scarse capacità decisionali, riduzione della memoria di lavoro, della fluenza verbale, dell’attenzione distribuita e sostenuta)
    • deficit emotivi (alessitimia, sindrome amotivazionale)
  • La cannabis non diventa pericolosa solo se genera dipendenza: anche l’intossicazione acuta da cannabis può produrre deficit a breve termine di percezione, attenzione, memoria e di psicomotricità.
  • Non tutti coloro che la utilizzano, esattamente come per il fumo di sigaretta, incappano negli effetti nocivi sulla salute. Gli effetti della cannabis sono influenzati da alcuni fattori di rischio soggettivi:
    • il dosaggio (a basse dosi l’effetto è in genere ansiolitico, ad alte può essere ansiogeno);
    • le caratteristiche genetiche (le varianti dei geni CNR1 e COMT espongono a un maggior rischio);
    • l’età (i più giovani vanno incontro più facilmente ai sequele negative);
    • il sesso femminile (le donne hanno una probabilità maggiore di andare incontro a disturbi d’ansia e depressione);
    • l’ambiente (a rischio quelli stressanti o nuovi);
    • eventuali eventi traumatizzanti nell’infanzia.
  • il passo da consumo occasionale a dipendenza, per i soggetti predisposti, è breve.

 

Gli effetti della cannabis sul cervello

La regione cerebrale target della cannabis è il cervelletto, oltre che la corteccia prefrontale: quindi la cannabis compromette direttamente le funzioni di programmazione, pianificazione, l’affettività (cioè la sfera dei sentimenti e delle emozioni), la consapevolezza di sé. L’intensità degli effetti è direttamente proporzionale alla quantità assunta e alla durata dell’assunzione.

La concentrazione di tetraidrocannabinolo (THC) – il principio attivo della cannabis – è talmente elevata che nel nostro cervello questa sostanza finisce per invadere anche i recettori che solitamente sono target della cocaina, mimandone l’effetto, ma soprattutto creando i presupposti per un abuso e una dipendenza anche di questa sostanza. Quindi oggi possiamo dire che l’abuso di cannabis può diventare il portone di accesso all’utilizzo continuativo di cocaina.

 

Funzionamenti a confronto: cannabis, alcol, fumo di sigarette, eroina

La cannabis, come abbiamo visto, ha peculiari conseguenze sul funzionamento mentale, molto differenti da quelle di alcol, cocaina ed eroina.

L’alcol più raramente dà effetti a lungo termine irreversibili. Il problema clinico degli alcolisti è la perdita totale di funzionamento nella vita e una maggiore compromissione organica. Se curato, però, l’alcolista ha spesso una restitutio ad integrum del suo funzionamento mentale.

Non è così per la cannabis: gli effetti della dipendenza sono molto più sfumati che nell’alcolista, ma più devastanti in termini prospettici. L’alcolista rimane a letto e non va a lavorare, distrutto fisicamente, in uno stato di degrado sociale, e spesso può finire reietto sotto un ponte. Il dipendente da cannabis cambia il suo funzionamento emotivo in un modo talvolta meno percettibile, con conseguenze meno pronunciate sotto il profilo sociale. Ma inizierà a essere sistematicamente in ritardo e inadempiente al lavoro, meno capace di organizzarsi, meno sensibile alla comunicazione emotiva, sempre più inespressivo, meno motivato, meno energico e determinato. Esistono poi i casi in cui compaiono delle patologie psichiatriche vere e proprie. A oggi è difficile stimare in quale percentuale di utilizzatori questo accada.

Sia l’alcol che la cannabis possono determinare un’intossicazione acuta che altera il funzionamento mentale e compromette, per esempio, la guida dei veicoli. Se però nel caso dell’alcol è stata definita la quantità accettabile per non annebbiare le funzioni cognitive, nel caso della cannabis no; inoltre non c’è un equivalente dell’alcol test.

In un certo senso la cannabis assomiglia, dal punto di vista medico, al tabacco: sono più accettati socialmente e l’utilizzo porta danni alla salute che si manifestano nel tempo e che spesso sono drammatici e irreversibili. Come nel caso del fumo di sigaretta, anche per la cannabis non tutti gli utilizzatori avranno danni. A oggi, tuttavia, è ancora difficile quantificare i rischi: i decessi legati al fumo sigaretta sono 480.000 all’anno negli Stati Uniti, un po’ come se cadessero 1000 aerei all’anno; i decessi legati all’alcol, sempre in USA, sono 100.000 all’anno; la cannabis non determina morti per tumore o cause organiche, ma favorisce una sorta di morte sociale (in una percentuale di casi che ancora non è nota).

Tutt’altro discorso è l’eroina: la velocità con cui si passa dalle prime assunzioni alla dipendenza è quasi immediata; gli effetti acuti sono incompatibili con la vita di tutti i giorni, non sono celabili, e nella maggior parte dei casi chi abusa vive una vita parallela, nascosta, che è complicata e resa pericolosa (anche per le conseguenze sulla salute) dalla sua natura illegale.

 

Legalizzare o proibire?

A fronte di questi dati è difficile che un medico, o forse anche un cittadino comune, possa essere a favore della legalizzazione o della decriminalizzazione della cannabis. Queste politiche potrebbero infatti determinare un aumento degli utilizzatori e quindi di potenziali soggetti “fragili” che incappano nelle sequele negative della sostanza. Quindi perché legalizzare?

Una delle ragioni potrebbe essere il fatto che gli studi scientifici ed epidemiologici non danno ragione al proibizionismo. Ovunque sia stato applicato, non si è assistito a una netta riduzione dell’abuso e delle sue conseguenze cliniche: questo perché si sviluppa un mercato parallelo, nero, che determina peraltro ulteriori problemi, sia politici che sanitari.

D’altra parte le politiche di intervento antagoniste al proibizionismo hanno dato chiari risultati incoraggianti, ma finora solo su sostanze molto diverse dalla cannabis.

 

L’esperienza portoghese

In Portogallo, dove è stato approvato un programma di depenalizzazione delle droghe, compresa la cannabis, accompagnato da un cospicuo investimento sull’informazione (riguardo agli effetti delle sostanze, la disponibilità di cure, ecc), a risentire più positivamente in campo sanitario è stato l’uso di eroina.
La politica portoghese di depenalizzazione delle droghe ha infatti portato ai seguenti risultati:

Di questi risultati, i primi tre hanno poco a che fare con la salute in senso stretto. Gli ultimi tre invece sì, e ci dicono che una politica di decriminalizzazione deve prevedere un massiccio investimento nei servizi sanitari di cura; la riduzione delle morti e della diffusione del virus HIV sono infatti legati principalmente alla maggior possibilità di chiedere aiuto da parte dei tossicodipendenti da eroina.

Cosa dire, invece, dell’aumento di consumo di certe droghe a lungo termine (tendenzialmente per tutta la vita)? Gli esperti che hanno analizzato il fenomeno nel dettaglio concordano che l’aumento c’è stato, ma è difficile stabilire se sia significativo e comunque direttamente imputabile alla riforma. restano quindi alcune domande aperte: vale la pena correre questo rischio a fronte degli altri risultati? Per quali droghe? Ha funzionato il programma di decriminalizzazione, il programma di informazione o entrambi insieme?

Va detto, inoltre, che Il processo di utilizzo e il mondo che si muove attorno all’eroina è molto diverso da quello della cannabis. Nel caso dell’eroina non è l’effetto diretto della sostanza a uccidere o a danneggiare a lungo termine ma gli errori di utilizzo (overdose, uso di siringhe o aghi infetti, sostanze per “tagliarla”, ecc), che sono particolarmente ben gestiti da politiche anti-proibizionismo. La cannabis, come si è detto, comporta meno errori di gestione, ma più effetti irreversibili a lungo termine.

 

Le altre esperienze nel mondo

Nel mondo ci sono sette Stati in cui l’utilizzo di cannabis è legale:

  • Alaska
  • Bangladesh
  • Colorado
  • Corea del Nord
  • Olanda
  • Oregon
  • Washington

In Oregon, dove la decriminalizzazione è stata attuata nel 2014, i dati di utilizzo sono sovrapponibili a quelli degli interi Stati Uniti (il 19% di utilizzo fra i giovani under 25 e il 48% di utilizzo almeno una volta nella vita). I dati suggeriscono che anche fra i giovani non si sia verificato un incremento di utilizzo fra il 2012 ed il 2015.  

In Colorado i dati sono sovrapponibili a quelli nazionali USA, esattamente come in Oregon. In più si è notato che gli introiti economici derivanti dalle tasse sulla vendita della sostanza  sono stati per il 25% inferiori alle attese, e questo perché molti consumatori preferiscono rimanere clienti del mercato nero, dove si trova un prodotto a più basso costo.

In Olanda a fare uso di cannabis abitualmente è il 24% delle persone: l’andamento dell’utilizzo non sembra essere collegato alle politiche applicate.


Conclusioni

In generale, possiamo riassumere così i dati dagli esperimenti di legalizzazione e decriminalizzazione:

  • non “ci si droga” meno, ci si forse droga anche di più;
  • ma forse “ci si droga meglio”, seppure questo non sia un dato assoluto; in altre parole, il controllo della qualità e della quantità di sostanza assunta produce, per molte delle sostanze studiate, meno rischi e ripercussioni sulla salute e sulla società;
  • gli andamenti dell’utilizzo sia tra i giovani che tra gli adulti sono dubbi: non è chiaro se legalizzare produca un incremento del consumo e dei danni conseguenti;
  • in tutti i casi in cui è stata introdotta la legalizzazione o la decriminalizzazione sono stati investiti molti soldi e risorse in programmi di prevenzione e informazione.

 

Che cosa dovremmo fare, quindi, in Italia?

Una legge che depenalizza l’utilizzo di cannabis dovrebbe prevedere anzitutto un chiaro piano di prevenzione e informazione: quanti Italiani sanno effettivamente quali sono i rischi dell’utilizzo di questa sostanza? Quali sono le strategie migliori per renderli consapevoli dei rischi che corrono?

Inoltre, la cannabis ha caratteristiche peculiari, che la rendono diversa dalle altre sostanze, per questa ragione andrebbero pensate leggi ad hoc.

E voi, che cosa ne pensate? Se vi fa piacere, indicate la vostra opinione e la scelta che voi fareste nei commenti.

 

L'articolo Cannabis: legalizzare sì o no? sembra essere il primo su Blog Centro Medico Santagostino.



Fonte: https://blog.cmsantagostino.it/cannabis-legalizzare-si-no/

Nessun commento:

Posta un commento