giovedì 3 novembre 2016

Aborto, Un Diritto Ancora Da Conquistare

La settimana scorsa in Polonia il movimento femminile è sceso nelle piazze della nazione per protestare contro la proposta di legge di divieto d’aborto. Il movimento è stato così animato e sono scese in piazza così tante donne, da indurre il Parlamento a respingere le nuove norme. Restano in vigore, quindi, le norme vigenti, comunque già molto restrittive.

“Le manifestanti ci hanno fatto riflettere, e ci hanno dato una lezione di umiltà” – Jaroslaw Gowin, ministro di Scienza e Pubblica istruzione

Ed in Italia? Qual è la situazione?

Nel delicato panorama del diritto all’aborto, l’Italia vanta una legislazione attenta e tutelante la condizione femminile. In quel lontano 22 maggio 1978, con la ragionata legge 194, il Belpaese garantisce alle donne italiane il diritto ad abortire, difendendo il libero arbitrio e tutelando un interesse tutt’altro che di pertinenza esclusivamente “rosa”. Tuttavia, ancora oggi, il numero degli obiettori di coscienza non accenna a diminuire, rendendo particolarmente insidiosa e difficoltosa l’accessibilità al servizio. E cosa succede se persino le istituzioni non assicurano adeguata protezione e sostegno?

“Gentile signora, su sua richiesta è stata sottoposta a IVG. Le auguriamo che l’intervento cui è stata sottoposta in data odierna rimanga unico. […] L’IVG ha delle implicazioni di ordine morale, sociale e psicologico e non solo una mera procedura chirurgica o farmacologica ma un rischio per la stabilità emotiva della donna con possibili ripercussioni sul piano relazionale. Perciò si dovrà adottare un valido metodo contraccettivo affinché la vita affettiva e sessuale possa svolgersi serenamente”.

Le righe riportate recentemente hanno invaso per giorni le pagine di cronaca e risalgono ad un prestampato spedito dalla ASL di Bari ad una donna sottoposta a procedura di interruzione volontaria di gravidanza (IVG). Il documento, dai toni mortificanti e velatamente inquisitori, è solo l’ennesima manifestazione di una durevole, quanto incoerente, tendenza tutta italiana all’elusione sibillina delle norme scritte! Uno sconvolgente disequilibrio tra la legge e la sua applicazione, che porta per assurdo la firma di un Ente Pubblico, evidentemente disorientato ed accondiscendente nei riguardi di atteggiamenti sociali ancora troppo pregiudiziosi ed ostili.

I dati sconcertanti dell’obiezione di coscienza

A fronte di istituzioni poco attente ed incapaci di sostenere l’esercizio di un diritto, non meraviglia l’altro annoso problema del crescente numero di obiettori di coscienza. In effetti, la legittima salvaguardia di convinzioni etiche, morali e religiose degli operatori sanitari (articolo 9 della legge 194/78), denota, attraverso i suoi numeri, le ingenti difficoltà che ancora molte donne si trovano a fronteggiare nel percorso di una scelta, già di per sé, complessa. Se da una parte, infatti, come assicura il Ministero della salute, in oltre il 60% delle strutture italiane si può accedere al servizio di IVG (una quantità accettabile se la si paragona al numero di donne in età fertile), dall’altra risulta particolarmente esiguo il gruppo di medici non obiettori.

Dai dati risalenti all’aprile di quest’anno del ministero della salute, il centro sud si stanzia ai vertici della classifica, con il Molise in testa, dove addirittura il 93,3% dei ginecologi risulta essere obiettore di coscienza. Seguono la PA di Bolzano con il 92,9% e Basilicata (90,2%), Sicilia (87,6%), Puglia (86,1%), Campania (80,7%) e Lazio ed Abruzzo con l’80,7%. In discesa tutte le altre regioni, con percentuali sempre superiori al 50%, ad eccezione della Valle d’Aosta in cui “appena” il 13% dei ginecologi risulta obiettore.

Le conseguenze

Stime inaspettate che denunciano una disomogeneità del servizio tra le diverse regioni (costringendo non di rado le pazienti a rivolgere richiesta lontano dal proprio domicilio) e che hanno richiamato l’attenzione della comunità Europea, la quale ha ripreso in più occasioni il nostro dicastero, evidenziando la violazione del diritto riconosciuto dalla legge 194. E, sebbene il ministro Lorenzin si sia detto non preoccupato ed abbia difeso l’efficacia della legge in termini di “procreazione cosciente e responsabile”, le piccole storie di vita quotidiana raccontano tutt’altro e timidamente suggeriscono la possibile fallibilità degli obiettivi primari della 194, nata principalmente per fronteggiare con fermezza e raziocinio quelle pericolose pratiche clandestine, tematica puntualmente analizzata in un nostro antecedente articolo.

Il diritto all’aborto risulta ancora un privilegio lontano per paesi come Irlanda e Polonia. In questi termini, l’Italia si profila come orgoglioso esempio di società libera e tutelata che, tuttavia, in assenza di un sensibile sostegno da parte delle istituzioni, rischia di rimanere imbrigliata in un’omertosa ed inaccettabile rete di inapplicabilità.

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Fonte: http://lamedicinainunoscatto.it/2016/11/aborto-un-diritto-ancora-da-conquistare/

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