martedì 31 gennaio 2017
Liberati delle vene varicose #lsOFb
Come liberarsi delle vene varicose in una settimana #USuqG
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Eliminare l’angioma dalla pelle
Le macchie sulla pelle e in particolare quelle sul viso sono antiestetiche e molte persone desidererebbro toglierle.
Oggi questo è possibile grazie alle nuove tecnologie laser impiegate in medicina estetica per cui con poche sedute e assolutamente con procedure indolore si possono eliminare macchie come l’angioma, l’iperpigmentazione cutanea ma anche cicatrici e tatuaggi.
Sul sito di medicina estetica http://www.laser-terapia.net/ si trovano valide spiegazioni sui vari tipi di inestetismi e tutte le indicazioni per procedere a eliminarli con l’aiuto della medicina estetica.
Sulla colonna di sinistra alla home page trovate infatti tutti i vari possibili inestetismi che si possono formare con l’età o che sono congeniti o che si hanno per un incidente ecc e sotto ancora le informazioni generali al sito web.
Cliccando su un inestetismo ad esempio l’angioma, viene fuori una pagina dedicata con la spiegazione di cos’è l’angioma e il trattamento estetico più indicato per eliminarlo.
L’angioma in pratica è una macchia della pelle, che si forma con dilatazione dei capillari sanguigni.
Può essere di varia forma e dimensione, e vari colori dal rosa pallido al rosso quasi blu, e si concentrano di solito sul viso.
Gli angiomi spesso sono presenti fino dalla nascita e a volte spuntano anche nei primi mesi di vita.
Spesso dopo comincia una fase di regressione spontanea dell’angioma che lo fa nel corso degli anni scomparire del tutto o parzialmente.
Questo inestetismo viene rimosso in medicina estetica con il Dye laser, il laser a luce pulsata (IPL), e il n-yag in base alla sua tipologia e questo lo valuta il medico dopo un’accurata visita .Sul sito http://www.laser-terapia.net/ trovate vari indirizzi di medici estetici in tutta Italia.
Si fanno da due a tre sedute per eliminare l’angioma e questo dipende dalla sua dimensione e estensione.
Nel sito http://www.laser-terapia.net/ in basso a sinistra i medici estetici che lo desiderano possono iscriversi e comparire nel data base di questo portale che unisce vari medici estetici di tutta Italia che sono così facilmente reperibili scegliendo la propria regione e la propria città dove trovare un medico competente e serio che ci può aiutare nella cura di vari inestetismi estetici.
Fonte: http://salute-bellezza.mg-freewebsite.net/chirurgia-estetica/chirurgia-plastica/eliminare-langioma-dalla-pelle/
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Orecchini a cerchio: la mia nuova ossessione!
Orecchini a cerchio
Orecchini a cerchio. Bonjour bellissime! Questa mattina vorrei proporvi un look dal sapore anni Settanta – Novanta dove gli accessori sono gli assoluti protagonisti. Sicuramente gli orecchini a cerchio, che sempre fanno la differenza: ora di moda, mi piacciono molto abbinati a cappelli e a beanie, i cappellini in lana.
Orecchini a cerchio: la mia nuova ossessione!
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Oltre al cappello maschile, gli stivali sopra al ginocchio e la borsa a tracolla ho completato il look con una mini di jeans e un maglioncino bianco. Che ne dite di questo look? Vi piace? A fondo post come sempre trovate le marche che indosso :)
SE VOLETE VEDERE IL MIO LOOK “IN MOVIMENTO”, QUI TROVATE IL MIO VIDEO LOOKBOOK SU YOUTUBE
INDOSSAVO:
STIVALI SOPRA AL GINOCCHIO: STEVE MADDEN
ORECCHINI: PARFOIS
GONNA + MAGLIONE: PIMKIE
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Se vuoi vedere i miei ultimi looks.. eccoli!
Stivaletti di vernice: il mio look bon ton da giorno!
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Pantaloni viola? Perchè no! Ecco come abbinarli in un look da giorno!
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Cropped jeans: ho indossato i jeans all’ultima moda così!
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Come vestirsi per andare sulla neve: il mio look con pelliccia ecologica!
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Ferro e attività fisica fanno volare i voti a scuola
Buoni voti a scuola? Questione di ferro. È questo il risultato di uno studio condotto dalle Università del Nebraska e della Pennsylvania, che è stato pubblicato sulla rivista scientifica The Journal of Nutrition.
Attività fisica e ferro coppia perfetta
I ricercatori americani hanno scoperto che l’attività fisica e una alimentazione ricca di cibi che contengono ferro possono fare la differenza anche per quanto riguarda la carriera scolastica.
Quasi mezzo punto in più in media
Lo studio ha evidenziato che le ragazze al college che sono in forma e hanno livelli corretti di ferro nel sangue raggiungono migliori risultati in media, rispetto alle compagne poco sportive e con bassi livelli di ferro.
Perché il ferro è importante?
Il ferro viene assorbito nello stomaco, entra nel sangue, si installa sull’emoglobina contenuta nei globuli rossi e da questa viene trasportato a tutte le cellule. Se non assorbiamo abbastanza ferro, le cellule non si ossigenano in modo adeguato, soffrono, si infiammano, muoiono.
Importante assumere anche vitamina C per assimilarlo bene
Perché il ferro arrivi alla sua destinazione finale sono indispensabili le vitamine del gruppo B e C. Le dosi giornaliere raccomandate per l’assunzione di ferro attraverso la dieta sono di 10 milligrammi al giorno.
Sintomi di chi ha poco ferro
Chi ha poco ferro è pallido, è affaticato, ha difficoltà di concentrazione, è irritabile e spesso tachicardico.
La ricerca ha coinvolto solo ragazze
I ricercatori hanno analizzato i dati riguardanti 105 ragazze, scoprendo che c’è una correlazione tra attività fisica e giusti livelli di ferro nel sangue e buoni voti a scuola, rispetto a chi è fuori forma e con poco ferro nel sangue.
Gli alimenti ricchi di ferro
Tra gli alimenti più ricchi di ferro troviamo il cioccolato fondente extra, i frutti di mare, il muesli, le lenticchie, la carne rossa, il pollo, le patate, la frutta secca, le verdure a foglia larga.
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Esami clinici in aumento fino al 20%, colpa della deospedalizzazione
Esami clinici in aumento fino al 20% per colpa della deospedalizzazione: ad affermarlo è Marcello Ciaccio, presidente nazionale della Società Italiana di Biochimica Clinica e Biologia Molecolare Clinica (Sibioc), il quale punta il dito contro gli sprechi del sistema sanitario che porta gli italiani a sottoporsi a esami che, in molti casi, non sarebbero necessari. E così la spesa aumenta e gli sprechi anche.
(...)
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Cinque fotografi famosi del ‘900 che non potete non conoscere
Il ‘900 è stato un secolo innovativo in praticamente ogni ambito. Le automobili, gli aeroplani, l’elettricità e l’energia atomica, il cinema, la radio, la televisione, i vaccini e decine di altre novità hanno cambiato la vita degli uomini ad ogni latitudine, indipendentemente dalla loro origine o ricchezza.
E se il XX secolo viene spesso ricordato come un secolo di immani tragedie, c’è anche da dire che, in mezzo a tutte quelle morti, ci fu anche un generale progresso dell’umanità, con un allungamento costante della speranza e della qualità della vita, un fortissimo aumento demografico e una crescita economica spaventosa.
I cambiamenti della fotografia
Tra tutte queste innovazioni, una parola vogliamo oggi spenderla per la fotografia, la novità che forse è cambiata più radicalmente in questi ultimi anni. Il cinema del XXI secolo non è poi così differente da quello del XX, e lo stesso vale per le automobili, la musica o la medicina.
La fotografia di questi primi anni Duemila, invece, vive in un modo completamente diverso da quella di pochi anni prima, digitale e iperdemocratica, in cerca di una propria nuova dimensione tra social network e cellulari.
Leggi anche: Cinque tra i fotografi italiani più famosi e importanti
Nel ‘900 la fotografia era, almeno in parte, un’altra cosa. Anche se veniva praticata da turisti in gita e ragazzini alle prime armi, aveva professionisti che le dedicavano anima e corpo e un valore informativo ineguagliabile. Uscivano decine di riviste popolari piene di fotografie, spesso anche di ottima fattura. E grandi fotografi partivano per la guerra e per le zone più remote del mondo, in cerca di scatti che sarebbero entrati nella storia.
Fu un secolo, quindi, in cui emersero tantissimi talenti. Ed è anche per questo che oggi è pressoché impossibile stabilire quali siano stati i più grandi fotografi del ‘900. Noi ci accontentiamo, con questo articolo, di cercare di perseguire un obiettivo meno ambizioso: trovarne cinque che, per influenza e fama, bisogna assolutamente conoscere. Ecco le nostre scelte.
Man Ray
Il fotografo surrealista
La fotografia ha saputo conquistarsi lo status di arte, nel corso del ‘900, un po’ alla volta. E l’ha fatto grazie anche al lavoro di personaggi in un certo senso borderline, che erano sì fotografi ma anche pittori, grafici, a volte cineasti. Uno di questi, forse il più famoso, è stato sicuramente Man Ray.
Nato a Philadelphia, negli Stati Uniti, nel 1890, era figlio di immigrati russi di origine ebraica. Il suo vero nome era infatti Emmanuel Rudzitsky, nome che mantenne durante i suoi studi a New York, dove iniziò a lavorare anche come disegnatore. Iniziò a firmarsi con lo pseudonimo di Man Ray (ovvero “Uomo Raggio”) nel 1912, mentre le prime esperienze con la macchina fotografica risalgono al 1914, anche se in quella fase la utilizzava ancora solo per immortalare i propri disegni.
L’incontro con Duchamp e il trasferimento a Parigi
La svolta per la sua carriera arrivò nel 1915. A New York gli venne infatti presentato Marcel Duchamp, che divenne suo grande amico e lo convinse ad aderire al dadaismo. Non trovando adeguati spazi negli Stati Uniti, nel 1921 si trasferì in Francia, alimentando quel gruppo di grandi artisti americani – la “Generazione perduta” degli Hemingway, dei Fitzgerald, dei Pound – che in quegli anni viveva a Parigi.
Qui si dedicò anima e corpo alla fotografia, trovando successo in particolare come ritrattista. Immortalò James Joyce, Gertrude Stein, Jean Cocteau e altri. Sperimentò anche nuove tecniche, ad esempio creando quella che lui chiamava la “rayografia”, cioè immagini fotografiche ottenute appoggiando degli oggetti direttamente sulla carta sensibile.
Aderì poi al surrealismo e realizzò alcune foto celebri – come quelle che trovate qui di seguito – in cui la protagonista assoluta era Kiki de Montparnasse. Dietro questo pseudonimo si nascondeva una ballerina di can can, Alice Prin, con cui per qualche anno Man Ray intrattenne una complicata relazione sentimentale.
Con l’arrivo della Seconda guerra mondiale l’ispirazione di Ray, come di tutte le avanguardie parigine, andò scemando. Lui, ebreo, fu costretto nel 1940 a rientrare negli Stati Uniti, anche se nel dopoguerra ritornò a stabilirsi a Parigi, ormai sua vera e propria patria d’adozione. È scomparso nel 1976.
Dorothea Lange
I ritratti della Grande Depressione
Americana era anche Dorothea Lange, la seconda grande fotografa della nostra cinquina e l’unica donna. Non che, a ben guardare, nella storia siano mancate le grandi donne dedite alla fotografia: in altri nostri articoli abbiamo infatti presentato le interessanti figure di Diane Arbus, Cindy Sherman e della nostra Tina Modotti. La Lange, però, anche per motivi storico-sociali ci pare essere quella che più di tutte ha lasciato un segno.
Nata a Hoboken, nel New Jersey, nel 1895, si dedicò alla fotografia giovanissima, nonostante un handicap alla gamba destra dovuto alla poliomielite. La sua formazione avvenne a San Francisco, dove si sposò con un pittore e venne a contatto coi fotografi del Gruppo f/64, di cui parleremo, pur non aderendo mai formalmente al movimento.
La povertà degli anni ’30
Il periodo più proficuo della sua carriera furono gli anni ’30. La crisi del ’29, infatti, aveva gettato sul lastrico milioni di americani, e lei aveva colto l’occasione per ritrarre le pesanti condizioni di vita dei contadini californiani. I suoi scatti avevano attirato l’attenzione sia di economisti che di agenzie statali, che le commissionarono ulteriori lavori.
Fu in queste condizioni che la Lange realizzò quella che è la sua fotografia più famosa, Migrant Mother, che potete vedere anche qui sotto. La donna ritratta nello scatto era Florence Owens Thompson, una trentaduenne coltivatrice di piselli che però era rimasta senza terra, nonostante i sette figli al seguito.
Gli anni ’30 furono importanti anche dal punto di vista personale, perché nel 1935 la Lange divorziò dal primo marito e sposò Paul Taylor, proprio uno degli economisti che avevano lavorato con lei alla raccolta dei dati sugli effetti della crisi.
Finita la stagione della Depressione e del conseguente New Deal, la Lange entrò nell’Agenzia Magnum e poi fu tra i fondatori della rivista Aperture. Un aggravamento delle sue condizioni di salute, però, la tenne presto lontana dalla strada, che era la prima radice della sua fotografia. È scomparsa a San Francisco nel 1965.
Ansel Adams
Il fotografo della natura incontaminata
Con Dorothea Lange abbiamo introdotto l’ambiente di San Francisco, che tanta importanza ebbe per lo sviluppo della fotografia come forma d’arte. E se la Lange da quella città partì per ritrarre le sofferenze delle popolazioni californiane, Ansel Adams invece ne fece la base per i suoi viaggi all’interno dei parchi nazionali americani.
Adams nacque proprio nella città californiana nel 1902, figlio di un imprenditore che, a 14 anni, durante una vacanza allo Yosemite National Park, gli regalò la prima macchina fotografica. Da quel momento in poi per lui la fotografia divenne essenzialmente un mezzo per ritrarre la natura e il paesaggio. Non a caso, i primi lavori li realizzò come socio del Sierra Club, una organizzazione ambientalista allora piuttosto diffusa.
Leggi anche: Cinque grandi fotografi contemporanei da cui lasciarsi ispirare
Nei primi anni ’30 divenne uno dei principali animatori del Gruppo f/64 a cui appartenevano futuri maestri come Imogen Cunningham, Edward Weston, Willard Van Dyke ed altri ancora. L’idea era quella di realizzare fotografie con una grandissima profondità di campo, che avrebbe consentito una grande accuratezza nei dettagli. Grande esperto dell’uso della luce, elaborò alcune tecniche d’avanguardia per controllarne la resa su carta.
Non solo parchi nazionali
Realizzò grandi e suggestive fotografie dei più importanti parchi nazionali americani, con una predilezione per quelli californiani. Inoltre, durante la guerra ritrasse i campi di lavoro a cui erano stati destinati i nippo-americani, realizzando dei reportage semplici e toccanti, dal grande impatto.
Continuò la sua attività anche negli anni ’50 e ’60, anche se il turismo di massa nei parchi gli rese più difficile ritrarre la natura incontaminata. Celebrato e insignito di molte onorificenze, è venuto a mancare nel 1984 a Carmel-by-the-Sea, in California, cittadina famosa per aver ospitato negli anni numerosi altri VIP come Clint Eastwood (che ne è stato anche sindaco), Kim Novak, Doris Day, Jennifer Aniston e lo stesso Edward Weston.
Henri Cartier-Bresson
L’attimo decisivo
Dopo i fotografi americani, spostiamoci in Europa. Qui abbiamo identificato due artisti che furono tra loro amici e colleghi, nonché fondatori, assieme, di una delle più importanti agenzie di fotografie del dopoguerra, la Magnum. A crearla, nel 1947 a Parigi, furono infatti David Seymour, George Rodger, William Vandivert e soprattutto Henri Cartier-Bresson e Robert Capa.
Cartier-Bresson nacque a Chanteloup-en-Brie, poco distante da Parigi, nel 1908. Inizialmente fu attratto dalla pittura, avvicinandosi definitivamente alla fotografia solo attorno ai 24 anni. Subito iniziò a formulare una sua teoria sull’istante decisivo che ne avrebbe segnato tutta la carriera e anche alcuni scritti teorici.
Durante e dopo la Seconda guerra mondiale
Durante la guerra fu arrestato e incarcerato dai nazisti, ma riuscì a fuggire dal carcere e ad unirsi alla Resistenza. Nel dopoguerra collaborò con alcune riviste di moda ma, soprattutto, si imbarcò in alcuni importantissimi reportage. Padre, assieme all’amico Robert Capa, del fotogiornalismo moderno, tra la fine degli anni ’40 e gli anni ’50 si recò in Cina, Unione Sovietica, India, Cuba, Giappone, Messico.
Negli anni ’70 limitò di molto la sua attività fotografica, ritornando alla pittura. Continuò comunque ad eseguire ritratti, specialità in cui era particolarmente abile. È scomparso nel 2004 in Provenza, a quasi 95 anni d’età.
Robert Capa
Il più celebre fotografo di guerra
Concludiamo la nostra lista con Robert Capa, che fu il più giovane tra i cinque che abbiamo scelto ma anche quello che, disgraziatamente, scomparve prima. La sua data di morte è infatti il 22 maggio 1954, ad appena 40 anni. D’altronde, il suo modo di intendere la fotografia – sempre in prima linea in ogni guerra – l’aveva già esposto a rischi del genere e gli aveva portato via nel corso degli anni alcune persone care.
Nato a Budapest nel 1913 col nome di Endre Ernő Friedmann, Capa aveva origini ebraiche. Iscritto al Partito Comunista locale, dovette lasciare l’Ungheria a causa del suo coinvolgimento in alcune proteste contro il governo di destra e riparò per qualche tempo a Berlino. Fu proprio nella capitale tedesca che si avvicinò alla fotografia, ma dovette lasciare anche questa città nel 1933, all’avvento del nazismo.
In Spagna con Gerda Taro
Appena ventenne si rifugiò a Parigi, ma per qualche tempo faticò a trovare impiego. Anche per questo accettò di recarsi in Spagna per documentare la guerra civile che là era scoppiata. Fu proprio sul suolo spagnolo che inventò lo pseudonimo di Robert Capa, scelto un po’ per scimmiottare il nome del celebre registra Frank Capra, un po’ per usare un nome neutro a cui attribuire i lavori suoi e della sua compagna Gerda Taro.
La Guerra civile spagnola cambiò radicalmente la vita e la carriera di Capa. Le sue foto cominciarono infatti presto a trovare un grande mercato nelle riviste francesi e in generale in tutta Europa. L’apice lo toccò nel 1936, quando Life e decine di altre riviste pubblicarono la sua celebre foto del miliziano. Purtroppo sempre in Spagna trovò la morte, in un tragico incidente, Gerda Taro.
Concluso il conflitto spagnolo si immerse nella Seconda guerra mondiale, seguendo lo sbarco degli Alleati in Sicilia e poi quello in Normandia. Proprio in quest’ultimo caso Capa riuscì ad effettuare degli scatti dal centro degli scontri, scatti che secondo le testimonianze sarebbero stati di importanza storica. Un tecnico di laboratorio, però, ne distrusse la gran parte in fase di sviluppo, tanto è vero che di quelle foto se ne salvarono solo 11 (e qui di seguito ne trovate una).
Nel dopoguerra si stabilì a Parigi, fondando – come detto – assieme ad amici e colleghi la cooperativa Magnum. Continuò però a partire per i vari fronti in cui si combatteva e proprio durante una situazione di questo genere – in Indocina nel 1954 – trovò la morte per un piede messo inavvertitamente su una mina.
Segnala altri fotografi famosi del ‘900 nei commenti.
Il post Cinque fotografi famosi del ‘900 che non potete non conoscere è apparso su Cinque cose belle.
Fonte: https://www.cinquecosebelle.it/cinque-fotografi-famosi-del-900-che-non-potete-non-conoscere/
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